🤖 L'ora di intelligenza artificiale - Legge Zero #76
In questo numero vi guidiamo alla scoperta dell'AI literacy, la formazione sull'intelligenza artificiale che è stata resa obbligatoria dal Regolamento europeo sull'IA.
🧠 AI literacy: tutto quello che avreste sempre voluto sapere e non avete mai osato chiedere
Dal 1° settembre di quest’anno, tra poco più di tre mesi, inizierà una piccola grande rivoluzione sui banchi delle scuole cinesi: per la prima volta, gli studenti - dalle elementari alle superiori - seguiranno almeno otto ore annue di lezione sull’intelligenza artificiale. I più piccoli impareranno attraverso attività pratiche e giochi a base di chatbot e robotica, mentre i più grandi approfondiranno machine learning, etica dell’IA e applicazioni avanzate. L’obiettivo dichiarato di questo primo esperimento è coltivare le competenze chiave degli innovatori di domani. Il Ministro dell’Istruzione Huai Jinpeng, non ha dubbi e ha definito l’IA la “chiave d’oro” per il futuro dell’istruzione del Paese.
Questa mossa – pionieristica per scala e ambizione, con 200 milioni di studenti coinvolti – riflette la volontà della Cina di preparare fin da subito la prossima generazione all’era dell’IA. Otto ore all’anno potranno sembrare poche (sono poco più di un solo giorno di scuola), ma il segnale è forte: l’alfabetizzazione sull’IA entra ufficialmente nei programmi scolastici, affiancando le materie tradizionali.
La Cina non è l’unico Paese che ha deciso di rendere l’IA una materia scolastica, portando l’alfabetizzazione digitale dei suoi cittadini a un livello superiore. Anche un Paese europeo di piccole dimensioni come l’Estonia sta investendo sull’alfabetizzazione delle nuove generazioni. Il governo di Tallinn ha annunciato il programma “AI Leap 2025”, al via il 1° settembre 2025, con cui fornirà a 20.000 studenti (delle scuole superiori) e 3.000 insegnanti l’accesso gratuito a strumenti di IA e specifici percorsi formativi. L’iniziativa – una delle prime di questo genere in Europa – punta a rendere normale l’uso consapevole dell’IA già tra i banchi di scuola, così che i ragazzi estoni entrino nel mondo del lavoro con un bagaglio di competenze digitali avanzate. Allo stesso tempo, aggiornando gli insegnanti, si cerca di evitare che l’IA in classe si riduca a un gadget: i docenti saranno formati per integrarla efficacemente nella didattica, mantenendo l’occhio critico sui rischi e sulle implicazioni etiche. Un esperimento da tenere d’occhio, che potrebbe fare da modello - si spera - per altri sistemi educativi in Europa.
La conoscenza dell’IA, infatti, non serve soltanto a formare chi programmerà chatbot e algoritmi, ma a fare in modo che la società sia pronta all’incredibile rivoluzione che modificherà i processi produttivi, creativi, democratici.

AI literacy: cos’è e perché è importante
Non stiamo parlando quindi di una formazione tecnica, da sviluppatori, ma di AI literacy (in italiano, alfabetizzazione in materia di IA), cioè la capacità diffusa di comprendere e usare consapevolmente le tecnologie di intelligenza artificiale. Non si tratta di corsi per imparare programmare reti neurali (quella è roba da specialisti), ma di possedere “competenze, conoscenze e comprensione” sufficienti per interagire in modo informato con sistemi di IA, cogliendone le opportunità, gestendone i rischi ed evitandone i danni. In pratica, una persona alfabetizzata sull’IA sa, ad esempio, che ChatGPT non è un oracolo infallibile ma un modello statistico (e quindi può sbagliare); un dirigente pubblico comprende che introdurre un algoritmo decisionale richiede anche controlli umani e trasparenza; un’impresa che adotta soluzioni di IA forma i dipendenti affinché le usino correttamente e conoscano i limiti etici e normativi.
Perché tutto ciò è importante? Immaginiamo l’IA come la nuova elettricità: alimenta sempre più servizi, prodotti e decisioni che ci riguardano da vicino (dalla diagnosi medica automatica al filtro antispam della posta). Se solo pochi “tecnosacerdoti” capiscono come funziona, si crea un divario pericoloso: da un lato chi sviluppa e controlla gli algoritmi, dall’altro chi li subisce passivamente. L’UNESCO ha lanciato l’allarme su questo “nuovo divario digitale”: senza iniziative per diffondere l’alfabetizzazione sull’IA, rischiamo che intere comunità rimangano escluse o intimorite dai cambiamenti portati sistemi IA (oltre la metà dei lavoratori si dichiara “nervosa” a seguito dell’introduzione dell’IA per timori legati alla perdita del proprio impiego).

AI literacy: gli obblighi dell’AI Act europeo
Il tema dell’alfabetizzazione IA non è solo pedagogia o lungimiranza aziendale: è ormai anche un obbligo giuridico (almeno in Europa). L’Articolo 4 dell’AI Act dell’Unione Europea – il Regolamento (UE) 2024/1689 sull’IA, approvato nel 2024 – impone infatti a chi sviluppa o utilizza sistemi di IA di assicurare un adeguato livello di conoscenza dell’IA all’interno della propria organizzazione.
I fornitori e i deployer dei sistemi di IA adottano misure per garantire nella misura del possibile un livello sufficiente di alfabetizzazione in materia di IA del loro personale nonché di qualsiasi altra persona che si occupa del funzionamento e dell'utilizzo dei sistemi di IA per loro conto, prendendo in considerazione le loro conoscenze tecniche, la loro esperienza, istruzione e formazione, nonché il contesto in cui i sistemi di IA devono essere utilizzati, e tenendo conto delle persone o dei gruppi di persone su cui i sistemi di IA devono essere utilizzati.
Art. 4 AI ACT
Le FAQ pubblicate dalla Commissione UE spiegano che l’art. 4 non impone di “misurare” formalmente le conoscenze dei dipendenti, né fornisce un programma didattico prestabilito. Piuttosto, è un principio generale di responsabilità: le aziende e gli enti che creano o usano IA dovranno formare adeguatamente il loro staff, ciascuno in base al proprio ruolo, affinché sappia usare e gestire quei sistemi in modo conforme alle regole e sicuro per le persone interessate. Non a caso, l’alfabetizzazione IA di cui parla l’Art. 4 è strettamente legata ad altri obblighi del Regolamento UE, come la trasparenza verso gli utenti (Art. 13) o la supervisione umana dei sistemi (Art. 14).
Un personale formato è una condizione necessaria per rispettare queste norme: se chi lavora con l’IA non ne capisce il funzionamento, come potrà spiegare agli utenti perché un algoritmo ha preso una certa decisione o intervenire se qualcosa va storto? In più, assicurare un livello minimo di competenze interne, indirettamente, tutela anche le persone coinvolte (ad esempio i clienti o cittadini su cui l’IA ha effetti), perché rende più efficace l’applicazione di tutte le altre regole dell’AI Act.
Chi rientra esattamente in questo obbligo? Tutti i provider e i deployer (cioè gli utilizzatori professionali) di sistemi di IA, a prescindere dal livello di rischio dell’algoritmo utilizzato. Si va dunque dalla big tech che sviluppa un grande modello generativo all’ente pubblico che utilizza un semplice chatbot sul proprio sito, dall’impresa che seleziona il personale attraverso l’IA allo studio legale che utilizza l’IA per le ricerche giuridiche e la predisposizione degli atti.
Inoltre, l’Art. 4 parla di personale “e di altre persone che si occupano del funzionamento e dell’uso di sistemi di IA” per conto dell’organizzazione. Ciò significa che l’obbligo di alfabetizzazione non si limita ai dipendenti: comprende anche, ad esempio, consulenti, fornitori esterni, partner o clienti coinvolti operativamente. Insomma, chiunque - per conto di un utilizzatore professionale - metta le mani sul sistema di IA deve essere messo in condizioni di capire cosa sta facendo. Questo significa, ovviamente, rivedere anche i contratti di collaborazione.
AI literacy: applicazione e sanzioni
I legislatori UE hanno voluto dare all’articolo 4 un valore simbolico, facendolo diventare applicabile già a partire dal 2 febbraio 2025, mentre la gran parte delle altre disposizioni lo diventerà entro agosto 2026. L’idea è chiara: iniziamo dalle persone, dalla preparazione culturale, prima ancora che dagli adeguamenti tecnici. Ciò non vuol dire però che da un giorno all’altro tutte le aziende europee debbano magicamente avere personale esperto di IA. La fase iniziale sarà più che altro di assestamento e sensibilizzazione. I “guardiani” nazionali – le autorità di vigilanza sul mercato che ogni Stato membro dovrà designare entro agosto 2025 – cominceranno a far rispettare attivamente questa norma solo dal prossimo anno. In pratica, le imprese hanno circa dodici mesi per organizzarsi, avviare programmi formativi interni, colmare i gap di competenze, senza il timore di sanzioni.
Interessante è anche il profilo del “private enforcement”: una persona potrebbe un domani lamentare di aver subìto un danno per mancata formazione sull’IA del personale di un’organizzazione – ad esempio, un errore causato da scarsa comprensione di uno strumento di IA da parte del personale sanitario – e chiedere un risarcimento. Il messaggio ai “deployers” è forte e chiaro: investite nelle competenze IA del vostro team, fatelo per cogliere al meglio le opportunità (in termini di business e di produttività) oltre che per evitare sanzioni o contenziosi.
Vale la pena ricordare che per aiutare professionisti, imprese e amministrazioni in questo percorso, l’UE ha messo in moto una macchina di supporto. La Commissione sta già raccogliendo best practice e casi d’uso in un “living repository” dedicato all’AI literacy, e pubblicando chiarimenti attraverso le apposite FAQ che abbiamo citato prima.
Persino come datore di lavoro la Commissione vuole dare il buon esempio: esiste già un portale interno con linee guida e corsi sull’IA per tutti i dipendenti, pacchetti formativi differenziati per profili (base, manager, specialisti) e perfino una community di pratica in cui i funzionari possono porre domande agli esperti di IA. Insomma, predicare bene e razzolare (finora) altrettanto bene.
AI literacy in pratica: esempi virtuosi
Al di là delle norme, come si traduce l’alfabetizzazione sull’IA in concreto? Ecco alcuni esempi :
In Finlandia, un popolo intero a scuola di IA
La Finlandia è stata pioniera nell’alfabetizzazione IA di massa. Già nel 2018, in tempi non sospetti, ha lanciato il corso base - online e gratuito - “Elements of AI” con l’ambizioso obiettivo (per i tempi) di formare 1% della popolazione sui concetti base dell’intelligenza artificiale. Risultato? L’obiettivo è stato ampiamente superato: più di 1 milione di persone in 170 Paesi hanno seguito il corso, grazie alla traduzione del programma in 26 lingue (Elements of AI è disponibile anche in italiano grazie a una collaborazione con l’Università di Roma Tre).Booking.com ha formato sull’IA anche chi non è tecnico
La nota azienda di viaggi online (con sede nei Paesi Bassi) ha avviato un programma di AI literacy mirato per i team “non tech”, riconoscendo che l’IA non riguarda solo sviluppatori e data scientist. In particolare, Booking.com ha sviluppato un percorso formativo ad hoc per i propri legali e policy advisor, tradizionalmente meno avvezzi ai tecnicismi. Il training, strutturato in tre fasi, parte dalle basi dell’IA (per creare un linguaggio comune su termini come algoritmo, machine learning o LLM), prosegue mostrando esempi pratici interni – ad esempio spiegando ai giuristi come funzionano i modelli di machine learning usati dall’azienda per contrastare le frodi sui pagamenti – e si conclude con un modulo sul quadro normativo applicabile all’IA nel settore travel e alle implicazioni legali con cui quel team ha a che fare.
OpenSky e l’AI literacy misurabile
OpenSky Data Systems, azienda tech irlandese di medie dimensioni - che fornisce soluzioni IA per il settore pubblico e sanitario - ha adottato un approccio olistico all’AI literacy interna. Il suo programma formativo coinvolge tutti i dipendenti, a prescindere dal ruolo, con l’obiettivo di “equipaggiare chiunque, dal developer al project manager, delle conoscenze essenziali sull’IA”. Particolarmente apprezzabile è l’attenzione alla diversità e inclusione: i materiali e i corsi sono pensati per essere accessibili a tutti, evitando gergo inutilmente complesso e prevedendo supporti per diversi stili di apprendimento e per persone con disabilità. OpenSky ha anche introdotto indicatori chiave (KPI) per monitorare l’impatto: ad esempio tiene traccia di quanti dipendenti completano i moduli, raccoglie feedback qualitativi e misura se dopo la formazione aumentano iniziative interne legate all’IA. I risultati? L’azienda riferisce di aver già notato un cambio culturale: i team si sentono più sicuri nell’esplorare soluzioni IA e propongono idee innovative, segno che la familiarità con l’AI sta alimentando creatività e voglia di sperimentare. In altre parole, l’alfabetizzazione non è solo un dovere di compliance per loro, ma un volano di innovazione.
Microsoft rende disponibili corsi gratuiti per tutti
Microsoft e Founderz hanno condensato le basi dell’intelligenza artificiale in “AI skills 4 All” un corso online aperto a tutti: niente prerequisiti tecnici, videolezioni brevi, quiz e certificazione finale. All’avvio è possibile scegliere l’introduzione pensata per contesti specifici (semplici cittadini o dipendenti di imprese, amministrazioni e scuole).
Se volete andare oltre, Microsoft mette a disposizione
AI Skills Navigator: strumento che, in 20 domande, vi costruisce un piano di studio personalizzato attingendo ai contenuti Microsoft Learn e LinkedIn Learning. Utile per chi deve specializzarsi o certificarsi.
IA4PA: videocorso di 2 ore e mezza realizzato da Fondazione Mondo Digitale per i dipendenti delle pubbliche amministrazione “a media esposizione IA”.
AI literacy: ready player one?
È arrivato il momento che l’AI literacy esca dai convegni ed entri nelle aule, nelle aziende, nelle amministrazioni e negli studi professionali. Serve a farci notare ciò che non sappiamo, ma dovremmo sapere, di un mondo in cui gli algoritmi prendono decisioni insieme a noi (e, a volte, al nostro posto).
L’alfabetizzazione sull’IA non è un lusso o una moda, né tantomeno solo un obbligo, ma una necessità trasversale: riguarda il programmatore e l’avvocato, lo studente e il funzionario pubblico. Non tutti diventeremo esperti di reti neurali (per fortuna!), ma tutti dovremo capire almeno a grandi linee come e perché un sistema intelligente ci propone un certo risultato, quali bias potrebbe avere, quali diritti abbiamo nei suoi confronti e quali no.
La sfida, dunque, non è solo tecnologica ma culturale. Possiamo definire policy, possiamo investire in piattaforme e sistemi di IA, ma l’AI literacy farà veramente la differenza quando diventerà parte integrante della cassetta degli attrezzi di ogni individuo, così come leggere, scrivere e far di conto. In fondo, alfabetizzarsi sull’IA significa imparare di nuovo a leggere: leggere i sistemi intelligenti che ci circondano, interpretarli, e magari anche scriverne di migliori.
Siamo pronti? Forse la domanda giusta è: abbiamo scelta? Come diceva William Gibson: “Il futuro è già qui, solo che non è uniformemente distribuito”. Sta a noi assicurarci che l’AI literacy lo distribuisca più equamente.
🗳️ I sondaggi di LeggeZero
E tu? Hai mai frequentato un percorso di AI literacy? Rispondi al nostro sondaggio (ovviamente è anonimo).
🏛️ I corsi di LeggeZero: ‘RTD Academy 2025: come governare l’IA nella pubblica amministrazione’
Se leggete la nostra newsletter, conoscete i nostri progetti per la promozione della AI literacy. L’ultimo, in ordine di tempo, è la RTD Academy 2025, un percorso di tre webinar (6 ore totali), completamente gratuito, con il rilascio di un attestato finale di partecipazione.
Tre appuntamenti per capire come l’IA cambierà – davvero – il lavoro negli enti pubblici: applicazioni concrete, competenze necessarie, regole e governance.
Ecco il programma:
9 giugno - L’IA nella PA: opportunità e sfide operative.
16 giugno - Formazione: skill e strumenti per preparare dipendenti e dirigenti.
23 giugno - Policy & Governance: etica, regolamentazione e strategie per un’adozione responsabile.
Se vi interessa partecipare, potete registrarvi cliccando qui.
🔊 Un vocale da… Federica Rossi (Microsoft)
L’IA è roba da data scientist o diventerà presto la “nuova posta elettronica” di cui nessuno potrà fare a meno? E se la rivoluzione fosse paragonabile all’arrivo della corrente elettrica, siamo davvero pronti a portare la presa in ogni casa (e in ogni curriculum)?
Nel messaggio vocale di questa settimana Federica Rossi - AI National Skills Director di Microsoft – ricorda che l’intelligenza artificiale è una general-purpose technology: non nasce per uno scopo specifico, ma per abilitarne infiniti. Proprio per questo investirà tutti, non solo chi la sviluppa: dalle imprese ai singoli cittadini che dovranno vivere e lavorare in un mondo permeato di algoritmi.
Rossi avverte che ci aspetta la stessa transizione già vissuta con l’email o con Office: conoscere l’IA diventerà una skill di base, indipendentemente da ruolo, settore o livello di preparazione tecnica. Ecco perché – conclude – la sfida cruciale dei prossimi anni sarà democratizzare la formazione, offrendo a ciascuno gli strumenti per capirla e usarla con consapevolezza.
😂 IA Meme
Prima di temere algoritmi & robot, impariamo a leggere il libretto delle istruzioni (e magari a scriverlo).

👉 Questo numero di LeggeZero è realizzato in collaborazione con Microsoft.
🙏 Grazie per averci letto!
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Si apre un mondo, ho inoltrato la mail che ho ricevuto ai miei figli trentenni. Devono sapere!