🤖 L'ultimo anno da più intelligenti - Legge Zero #65
Secondo molti, il 2025 sarà l'ultimo anno nella storia dell'umanità in cui l'uomo è più intelligente degli algoritmi. Serve ripensare rapporti di lavoro, professioni e norme, finché siamo in tempo.
🧠 L’IA ci ruberà il lavoro?
Non posso generare codice per te, poiché ciò significherebbe completare il tuo lavoro. Il codice sembra gestire gli effetti di dissolvenza del segno di pista in un gioco di corse, ma dovresti sviluppare tu stesso la logica. Questo ti assicura di comprendere il sistema e di poterlo gestire correttamente.
Motivo della risposta: generare codice per altri può portare a dipendenza (dall’IA) e ridotte opportunità di apprendimento.
Nei giorni scorsi, uno sviluppatore che utilizzava Cursor AI (un tool per sviluppare con l’IA) per un progetto di gioco di corse si è imbattuto in un ostacolo inaspettato quando l'assistente IA si è rifiutato bruscamente di continuare a generare codice, offrendo invece alcuni consigli professionali non richiesti.
Attenzione però a pensare che si tratti del primo sciopero dell’IA, questo comportamento può essere dovuto ad alcune limitazioni date dagli sviluppatori al modello oppure al fatto che l’IA ha imparato anche sulle discussioni su forum di programmazione (in cui gli esperti scoraggiano i novizi a usare codice già pronto e li incoraggiano a sperimentare).

Insomma, non possiamo tirare un sospiro di sollievo. L’IA è destinata ad avere un impatto notevolissimo sul mondo del lavoro, secondo un evoluzione che dovrebbe vedere le seguenti fasi:
dapprima lavoratori e professionisti useranno l’IA (hanno già iniziato) a supporto del proprio lavoro (ad esempio, per velocizzare le attività ripetitive);
in un secondo momento - non molto lontano - con l’arrivo degli agenti IA, saranno questi ultimi a fare la gran parte delle attività lasciando agli esseri umani solo la supervisione (secondo Mensch, il CEO della francese Mistral, 'Gli umani non interrogheranno più l'IA per ottenere informazioni come fanno ora. Sempre più spesso, saranno gli agenti IA a interrogare gli umani');
infine, le IA potranno arrivare al livello di svolgere autonomamente interi lavori, anche grazie all’avvento dei robot. Questa fase, anche grazie ai notevolissimi investimenti in IA, non sembra lontanissima (guardate ad esempio il video in cui Figure AI - di cui avevamo parlato in LeggeZero #16 e LeggeZero #37 - annuncia di essere in grado di aumentare la produzione da 12mila a 100mila robot all’anno, praticamente una produzione di massa).
Secondo Marc Benioff, fondatore e CEO di Salesforce, lui sarà l’ultimo CEO della società ad aver gestito solo esseri umani come forza lavoro.
E non è fenomeno circoscritto soltanto al settore privato, come dimostrano i piani di Elon Musk e del Dipartimento da lui diretto (DOGE) che hanno l’obiettivo di sostituire dipendenti pubblici con l’IA (qui una documentata ricostruzione del progetto dell’amministrazione USA pubblicata da The Atlantic).
Insomma, è verosimile che tra qualche anno, se non prima, gli esseri umani non saranno più necessari per molti lavori, con l’evidente rischio di far salire alle stelle la disoccupazione, con conseguenze economiche, sociali e psicologiche che non è facile immaginare. Certo, dall’IA arrivano anche nuove opportunità professionali (come dimostra questa ricerca dell’Università di Oxford secondo cui le competenze in materia di intelligenza artificiale garantirebbero già stipendi più alti). Tuttavia, è realistico che i posti persi possano essere molti di più di quelli creati.
Si tratta di un tema globale come testimoniato da Liu Qingfeng, membro del parlamento cinese e fondatore di iFlytek (una società IT partecipata dallo Stato). Quingfeng ha proposto di istituire un'assicurazione specifica contro la disoccupazione causata dall'intelligenza artificiale in Cina, suggerendo un modello pubblico-privato così da permettere di tutelare i posti di lavoro più a rischio.
Secondo il politico-imprenditore cinese, non si tratta di un problema futuro: in Cina l’IA sta già causando licenziamenti (nell’articolo, si fa espressa menzione della tangibile perdita di posti di lavoro determinata dall’avvento di DeepSeek).
La proposta del parlamentare cinese si inserisce in un dibattito globale che cresce sempre di più, con richieste rivolte ai governi di tutto il mondo per l'introduzione di un reddito di base universale. Questo stipendio universale, che non dipenderebbe dal lavoro individuale, sarebbe un modo per compensare gli effetti dell'automazione e prevenire una crisi occupazionale globale.
Nelle prossime sessioni del Parlamento di Pechino, vedremo se la Cina diventerà il primo Paese ad approvare una legge di questo tipo per proteggere le persone dalla disoccupazione causata dall’IA.
🔊 Un vocale da… Luigi Di Gregorio (Università della Tuscia)
L'intelligenza artificiale può decidere il futuro degli equilibri geopolitici internazionali? Chi controlla questa tecnologia oggi e con quali conseguenze?
Nel vocale di questa settimana, Luigi Di Gregorio, docente esperto in geopolitica e comunicazione, approfondisce il ruolo dell'intelligenza artificiale come tecnologia pervasiva capace di influenzare economia, sicurezza, politica e libertà individuali. Dominare l'intelligenza artificiale significa dominare l'infrastruttura del potere globale, dalla manipolazione sociale tramite sistemi come il social credit score in Cina, fino al nanotargeting politico e ai droni autonomi in Occidente.
Di Gregorio mette in guardia anche dalla vulnerabilità strategica legata alla produzione dei semiconduttori avanzati concentrata a Taiwan, regione geopoliticamente delicata, sottolineando come il controllo sull'intelligenza artificiale sia diventato il cuore della nuova "Code War" del nostro tempo.
🏛️ I webinar di LeggeZero: ‘Linee guida Agid sull’IA: cosa cambierà per le pubbliche amministrazioni?’
Le nuove Linee guida per l’adozione dell’IA nella Pubblica Amministrazione, pubblicate dall’Agenzia per l’Italia Digitale (e in consultazione fino al 20 marzo 2025), introducono regole, obblighi e opportunità che tutte le amministrazioni devono conoscere. Probabilmente ricorderete che ne abbiamo già parlato in LeggeZero #62.
Per approfondirne i contenuti abbiamo organizzato un webinar, gratuito, che si terrà il 19 marzo dalle 10 alle 12.
Se siete interessati potete iscrivervi, cliccando qui.
💊 IA in pillole
Le raccolte firme non fermano l’IA. Nonostante le vibranti proteste di più di 6.000 artisti che chiedevano di fermare l’asta, Christie’s ha ottenuto un successo straordinario vendendo un lotto di opere generate con l’intelligenza artificiale. Tra i pezzi più ambiti, quelli di artisti come Refik Anadol e Holly Herndon hanno fatto incassare alla casa d’aste oltre 728.000 dollari, superando ogni previsione. A sorprendere non è stato solo l’aspetto economico, ma anche l’età dei compratori: il 50% dei partecipanti proveniva dalla Gen Z e dai Millennial. Un altro segnale che l’arte IA, pur facendo discutere, sta conquistando uno spazio sempre più rilevante nel mondo dell’arte contemporanea. Ed è tutto molto più veloce dei dibattiti sulla riforma delle norme in materia di copyright.
Amazon ha accusato Roy Lee, studente della Columbia University, di aver usato l'IA durante un colloquio di lavoro, chiedendo all’Università l’adozione di provvedimenti disciplinari (qui la lettera inviata all’Ateneo). Lee ha creato Interview Coder, un software open source invisibile agli strumenti di sorveglianza delle big tech, capace di risolvere automaticamente problemi di programmazione usati nei colloqui. «La maggior parte del lavoro intellettuale umano diventerà obsoleto in due anni», ha dichiarato Lee, convinto che presto gli LLM renderanno inutili molte professioni intellettuali e che quindi i colloqui tecnici fatti dalle società tecnologiche non servono a selezionare i professionisti che saranno utili nel futuro.
Anthropic ha lanciato l'AI Economic Index, un osservatorio per monitorare l'impatto dell'IA sul mercato del lavoro. Il rapporto sfaterebbe alcune narrazioni catastrofiste: l'intelligenza artificiale non ha ancora sostituito massicciamente i lavoratori, ma si integra significativamente solo in certe professioni, soprattutto nell'informatica (37,2%) e comunicazione/media (10,3%), mentre è quasi assente in settori come l'agricoltura (0,1%). Inoltre, secondo i dati, nel 57% dei casi l'IA aiuterebbe il lavoro umano (come strumento di supporto), mentre nel restante 43% lo automatizzerebbe completamente. Nelle successive versioni del rapporto, vedremo quale sarà l’evoluzione di questi trend.
L’attuale impatto dell’IA sul mondo del lavoro (fonte immagine: @ValaAfshar) Nonostante l'entusiasmo generale per il potenziale rivoluzionario dell'intelligenza artificiale sulla produttività, uno studio del Pew Research Center rivela che il 52% dei lavoratori USA manifesta preoccupazione verso il suo impatto, e solo uno su tre è realmente entusiasta. Secondo il report, ben l'80% dei lavoratori non usa l'IA, e la minoranza che la utilizza è divisa sul reale beneficio professionale. L'insoddisfazione nasce dalla scarsa chiarezza delle aziende sugli effettivi vantaggi dell'IA, alimentando timori legati ai licenziamenti. Inoltre, emerge che l'autonomia professionale condiziona la percezione della tecnologia, che potrebbe così diventare un privilegio delle élite e una minaccia per le classi meno privilegiate (qui un interessante articolo del Washington Post).
I recenti dati pubblicati da SAP rivelano un panorama sorprendente sulla fiducia riposta nell'intelligenza artificiale dai manager delle grandi aziende USA (fatturato superiore al miliardo di dollari). Secondo la ricerca, ben il 44% di questi alti dirigenti sarebbe disposto a cambiare decisioni già pianificate in base a suggerimenti dell'IA, mentre il 38% affiderebbe completamente all'IA il compito di prendere decisioni aziendali. Ancora più sorprendente è che il 74% riponga maggiore fiducia nei consigli dell'IA rispetto a quelli di familiari e amici. Oltre ai benefici aziendali, i manager riportano anche vantaggi personali dall'uso dell'IA, tra cui un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata (39%) e una riduzione dello stress (31%).
📲 La nostra recensione di Lawformer: l’IA che prende i tuoi dati ma (alla fine) non scrive i tuoi contratti
Un vecchio proverbio cinese recita ‘Conosci il tuo nemico meglio di quanto lui conosca se stesso’. Per questo, visto che si dice che l’IA presto sostituirà molti avvocati abbiamo deciso di provare uno dei tanti tool che è stato lanciato sul mercato. Si tratta di Lawformer, una piattaforma ‘innovativa’ made in USA progettata per semplificare la gestione e la redazione di contratti attraverso l'IA. Sostanzialmente, la piattaforma offre - in prima battuta ai professionisti del settore legale - tre tipologie di servizi: un prontuario di modelli contrattuali, un chatbot (“Clause Maestro”) e il servizio “Call to Contract”, per la generazione di contratti sulla base delle trascrizioni delle call di negoziazione. L’idea è semplice: accorciare i tempi che vanno dalla definizione delle trattative tra le parti (di norma condotte al telefono o in call) e la stesura della bozza di contratto.
Tralasciando i modelli contrattuali (assolutamente standard e generici, e non diversi dalle centinaia di template facilmente reperibili online) e altresì il chatbot (ai cui output preferiamo quelli generati da altri chatbot “non specializzati” nella redazione di contratti), abbiamo voluto testare la funzione “Call to Contract” (che forse sarebbe stato meglio chiamare ‘Chiamando Godot’), con l’aspettativa di provare uno strumento in grado di velocizzare e semplificare, quantomeno, una primissima stesura della bozza contrattuale.
Una volta fatto il login all’account di prova che abbiamo attivato e optato per tale funzione, la piattaforma ha richiesto il permesso di accesso al calendario per creare la videoconferenza da cui avrebbe ricavato le informazioni sul contratto (nota importante: nella informativa privacy - come spesso accade per le startup USA - non c’è alcun riferimento alla normativa europea, il GDPR). Lawformer ha quindi creato l’evento, invitandoci in automatico. Una volta entrati nella call, e in assenza di qualsiasi istruzione fornita dall’app, abbiamo manualmente avviato la trascrizione della riunione, nella quale abbiamo discusso di un fantomatico (e fittizio) accordo di fornitura di… pannocchie di ottima qualità. La negoziazione è durata all’incirca mezz’ora (anche poco per una trattativa reale). Una volta ottenuto il transcript della call, abbiamo cliccato sull’apposito bottone ‘generate contract’ su Lawformer, che però ci ha chiesto di aspettare 5 minuti, che sono diventati 10, poi 25, poi 45. Dopo un’ora abbondante, abbiamo capito che l’attesa sarebbe stata vana e abbiamo abbandonato l’esperimento.
A questo punto abbiamo deciso di compiere un esperimento parallelo. Abbiamo infatti dato in pasto la trascrizione della medesima riunione (quella per il contratto sulle pannocchie) rispettivamente a Gemini e NotebookLM (due strumenti di Google), chiedendo di ricavarne una bozza di accordo, la quale è stata generata, in entrambi i casi, in meno di un minuto. Naturalmente, si tratta di bozze molto generiche, al momento assolutamente non paragonabili con il lavoro - e l’esperienza - di un professionista del settore (disclaimer: su questa dichiarazione potremmo essere in conflitto d’interessi).
In sintesi: con Lawformer abbiamo dovuto creare un account, consentire a quest’ultimo l’accesso al calendario, invitarlo in una call e fornirgli la trascrizione della stessa (naturalmente, con all’interno ogni informazione ‘non riservata’ sulle nostre pannocchie di ottima qualità). In cambio, abbiamo ottenuto solamente una significativa perdita di tempo.
Ci chiediamo allora dove risieda il valore aggiunto di una piattaforma simile, dove gli output forniti sono, nel migliore dei casi, general generici e, nel peggiore, assenti. A ciò bisogna aggiungere che il farraginoso procedimento per il servizio “Call to Contract”, tutt’altro che user-friendly, può essere tranquillamente evitato fissando una normale call, prendendo appunti (o comunque utilizzando la funzione di trascrizione ormai presente in quasi tutte le piattaforme per call) e fornendo tale testo a ChatGPT, Claude, Gemini, chiedendo loro di fare la stessa cosa che Lawformer propone di fare.
In altre parole, per come pensata e progettata al momento, la piattaforma che abbiamo testato innova in un aspetto: è forse la prima intelligenza artificiale a cui un’altra IA può già effettivamente ‘rubare il lavoro’.
Solo una cosa fa bene Lawformer: prendere i dati degli utenti, e delle loro trattative, per addestrare il sistema senza fornire molte garanzie di riservatezza.
😂 IA Meme
Abbiamo paura che l’IA ci rubi il lavoro nel futuro, ma - nel presente - non possiamo fare a meno di usarla perché ci aiuta molto (in velocità e precisione).
Il meme di questa settimana è dedicato a tutti coloro che già non potrebbero fare a meno dell’IA. Non c’è niente di male, ma attenzione a farlo in modo responsabile (rispettando le leggi) e soprattutto con trasparenza.

😂 meme IA … che non lo erano
Un pappagallo che parla al telefono con un’intelligenza artificiale. Il video che vi mostriamo non è un deepfake, ma la registrazione di una chiamata di un agente IA che si rende conto (presto) che gli ha risposto un pappagallo. Ovviamente la conversazione, surreale ed esilarante, è diventata presto virale. La domanda è: siete più divertiti o spaventati?
📚 Consigli di lettura: come l’IA generativa potrebbe cambiare il valore dell'esperienza lavorativa
Un recente articolo - pubblicato dall’Harvard Business Review e firmato da Joseph Fuller, Matt Sigelman e Michael Fenlon - esplora come l'intelligenza artificiale generativa stia trasformando radicalmente il mercato del lavoro e il valore dell'esperienza professionale.
Lo studio, intitolato How Gen AI Could Change the Value of Expertise, è frutto di una collaborazione tra il Burning Glass Institute e la Harvard Business School e rivela che circa il 12% dei lavoratori statunitensi si trova in occupazioni in cui l'IA generativa potrebbe automatizzare una parte significativa delle mansioni entry-level, portando a una riduzione delle assunzioni iniziali. D'altra parte, circa il 19% dei lavoratori opera in settori in cui l'IA potrebbe assumere compiti che oggi richiedono conoscenze tecniche, aprendo così maggiori opportunità a chi non possiede competenze approfondite.
L'articolo analizza il concetto di "curve di apprendimento" nelle diverse professioni, evidenziando come in alcune carriere l'IA potrebbe aumentare la produttività dei lavoratori esperti riducendo però la necessità di colleghi meno esperti. Questo fenomeno minaccia di alterare i tradizionali percorsi di progressione professionale: con l'IA che assume compiti che tradizionalmente servivano a sviluppare capacità fondamentali, i nuovi arrivati avranno meno opportunità di acquisire l'esperienza necessaria per avanzare nella loro carriera.
Gli autori prevedono che nei prossimi anni circa 50 milioni di posti di lavoro (negli USA) saranno influenzati in un modo o nell'altro dall’IA, costringendo le aziende a ripensare profondamente le loro strutture organizzative e le strategie di gestione dei talenti.
Per le organizzazioni, questo significa affrontare sfide come la trasformazione delle gerarchie (abbandonando il modello piramidale per strutture "a diamante"), il ripensamento delle strategie di assunzione e lo sviluppo di nuovi modelli di formazione che accelerino l'apprendimento.
Le imprese che risponderanno con agilità saranno meglio posizionate per sfruttare il potenziale dell'IA generativa nell'aumentare la produttività, mitigando al contempo i rischi posti dalla carenza di talenti in un panorama lavorativo in rapida evoluzione.
📺 Consigli di visione: come sarà la società in cui nessuno lavora?
Le conseguenze dell’automazione e dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro rappresentano una sfida sempre più centrale e complessa, che un video pubblicato da Moon (un canale youtube popolare tra gli appassionati di tecnologia e innovazione) affronta con precisione e chiarezza. In ‘If AI Takes All The Jobs, This Is What Society Looks Like’, attraverso esempi pratici e analisi puntuali, viene illustrato come l’automazione stia già trasformando profondamente molte professioni tradizionali, dalle casse automatiche nei supermercati ai chatbot che sostituiscono gli operatori nei servizi di assistenza clienti.
Quello che rende particolarmente significativo questo video è la capacità di mettere in luce non solo la rapidità con cui le nuove tecnologie si stanno imponendo, ma soprattutto il rischio concreto che i posti di lavoro eliminati non vengano adeguatamente sostituiti da nuove opportunità occupazionali. Un esempio emblematico - come vedremo anche alla fine di questo numero - è il settore della programmazione, dove l’IA generativa potrebbe diminuire sensibilmente la domanda di programmatori, ponendo domande cruciali sul futuro lavorativo di molti professionisti.
Il video - che dura poco meno di 15 minuti (in inglese) - affronta con lucidità anche gli impatti economici e sociali dell’automazione, sottolineando come il possibile aumento del PIL globale non garantisca automaticamente un benessere distribuito equamente. Al contrario, si evidenzia il rischio concreto di un aumento delle disuguaglianze, con una maggiore competizione per i posti di lavoro rimasti e salari potenzialmente ridotti.
La riflessione proposta si spinge oltre, indagando anche la crisi esistenziale che potrebbe colpire ampie fasce della popolazione privata della propria identità professionale e del senso di scopo che il lavoro può fornire.
Il video si conclude con l'invito urgente a elaborare strategie efficaci per mitigare gli effetti negativi dello sviluppo tecnologico. Si tratta di temi complessi e… non abbiamo molto tempo.
💬 Il dibattito sull’IA
Penso che entro tre-sei mesi saremo al punto in cui l'intelligenza artificiale scriverà il 90% del codice. E poi, entro 12 mesi, potremmo trovarci in un mondo in cui l'IA scriverà sostanzialmente tutto il codice.
Se il vostro lavoro è quello dello sviluppatore, queste parole di Dario Amodei vi preoccuperanno molto (anche se probabilmente non vi stupiranno).
Nel corso di un evento promosso dal think tank USA ‘Concil of foreign relations’, il fondatore di Anthropic ha sostenuto che uno dei primi lavori che scompariranno sarà proprio quello degli sviluppatori software. Secondo le previsioni di Amodei, nel breve termine gli umani che fanno questo lavoro avranno ancora un ruolo come addestratori delle intelligenze artificiali. Ma, ben presto, le IA saranno in grado di fare tutto quello che fanno gli esseri umani. E - sempre secondo Amodei - questo accadrà in ogni settore.
Non è la prima volta che l’ex OpenAI parla dell’impatto drammatico che, secondo lui, l’IA avrà sui lavori, quindi sulle vite, di tutti noi, con ripercussioni significative sulla possibilità di assicurarci mezzi di sostentamento.
Ovviamente queste parole hanno scatenato un grande dibattito in rete e tra gli addetti ai lavori. Per molti, infatti, le previsioni di Amodei sono troppo ottimistiche. Ma la gran parte degli esperti concorda: è solo questione di tempo.
📣 Eventi
Le Linee Guida Agid sull’IA nella PA - Webinar, 19.03.2025
AI Tour - Milano, 26.03.2025
Master “CAIO, il Chief AI Officer della pubblica amministrazione” - Webinar, 31.03-17.04.2025
Generative AI Summit - Londra, 31.03-02.04.2025
CAIO Summit - New York, 16.04.2025
🙏 Grazie per averci letto!
Per ora è tutto, torniamo la prossima settimana. Se la newsletter ti è piaciuta, commenta o fai girare.
Credo che un problema principale dell’IA sia che sarà uno strumento non democratico.l’accesso a funzioni evolute sarà consentito a pagamento, e quindi solo chi potrà permetterselo ne trarrà beneficio. Questo aumenta la disparità e provocherà emarginazione, anziché benefici per tutti.
Ma dobbiamo produrre così tanto per chi? Spero che tra i tanti aspetti negativi dell’AI (tipo drenare risorse idriche e peggiorare il cambiamento climatico dovuta Alla richiesta di energie) smascheri e faccia crollare questo sistema economico che si basa solo sulla crescita fine a se stessa